La vita purtroppo (e per fortuna) ci pone spesso di fronte alla delusione scaturita dall’infrangersi di un sogno o dall’impossibilità di raggiungere un obiettivo.
A ognuno di noi è capitato di affrontare una delusione d’amore, un colloquio di lavoro andato male, una gara sportiva non vinta, un voto al di sotto delle aspettative, un’amicizia tradita.
L’emozione che si scatena spesso è forte e cocente e ci getta in uno stato di profondo sconforto che nel peggiore dei casi ci fa credere che la vita può solo che peggiorare.
Qual è il modo migliore per affrontare e superare la delusione?
Naturalmente non è disperarci o battere la testa contro il muro o strapparci i capelli o lamentarsi con il mondo di quanto siamo sfortunati, tutte reazioni che ci pongono in un atteggiamento vittimista che non fa altro che esacerbare il nostro stato.
Il modo migliore a mio avviso è “trovare” nel magazzino dei ricordi una personale pietra miliare a cui ancorarsi a testimonianza di come un obiettivo non raggiunto abbia aperto nuove strade, migliori, e di grandi soddisfazioni.
Ecco la mia.
Tanti anni fa, fresco di laurea, sognavo di insegnare all’Università. La strada diretta mi sembrava quella di vincere un dottorato di ricerca e seguire tutto quel lungo inter fatto di pubblicazioni, diventare ricercatore, fino a ottenere una cattedra. Partecipai così a un concorso per un dottorato, ci tenevo tantissimo.
Lo scritto andò bene, presi un ottimo voto e mi presentai all’orale. Mi sedetti di fronte a una commissione composta da 5 cattedratici, alcuni erano stati mie docenti durante gli studi, altri li conoscevo solo di fama. Mi chiesero di parlare del mio scritto, argomento che conoscevo a menadito in quanto oggetto della mia tesi di laurea. Sapevo esattamente come esporre il tema, argomentarlo e renderlo interessante. Ma, con mia somma sorpresa e sconforto, nell’istante stesso in cui presi la parola, mi si seccò la bocca. Non avevo più salivazione, e per quanto ci provassi non riuscivo a parlare.
Premetto, non sono una persona emotiva e in cinque anni di studio e più di 20 esami orali non mi era mai capitato una situazione simile. Di fronte alla mia difficoltà, un docente della commissione si alzò e molto gentilmente uscì per andare a prendere una bottiglia d’acqua. I cinque minuti della sua assenza furono molto imbarazzanti, io in silenzio senza salivazione e gli altri che attendevano. Quando finalmente arrivò l’acqua, bevvi un sorso e iniziai a parlare, ma la mia esposizione non fu assolutamente brillante. Superai l’esame con un voto nella media ma non riuscì a vincere il concorso.
Rimasi deluso e sconcertato; pensavo di aver perso l’unica possibilità di coronare il sogno di insegnare all’università.
Con il senno di poi, sono felice che sia andata così.
Rimasi altri sei mesi all’università per svolgere il tirocinio post-lauream e capii quanto poco gratificante sarebbe stato per me fare il dottorato di ricerca.
Scoprii invece, nei sei mesi di tirocinio successivi, svolto in un dipartimento di psicologia di una azienda sanitaria, quanto fosse invece gratificante lavorare sul campo in ambito clinico. Era quella la mia strada nel settore della psicologia, strada che tutt’ora percorro con un entusiasmo sempre nuovo.
Ora non so bene cosa sia successo quel giorno di fronte alla commissione, ma un’ipotesi me la sono fatta: il mio inconscio aveva captato qualcosa ancora oscuro alla mia parte cosciente ossia che il dottorato non era ciò che profondamente desideravo fare e, dato che razionalmente ero convinto del contrario, ha pensato bene di sabotare l’esame.
Attenzione! Questo non significa che l’inconscio sia sempre saggio, anzi: a volte esprime insicurezze, paure, automatismi e copioni infantili che negano la possibilità di esprimere al massimo i nostri talenti e le nostre potenzialità (tornerò presto sul tema dell’inconscio).
Ho fatto tesoro di questa esperienza e l’ho trasformata in una mia personale pietra miliare a cui aggrapparmi ogni volta che mi trovo di fronte a una delusione. Rappresenta una risorsa interna che rende la delusione meno cocente e soprattutto mi proietta in un futuro fiducioso: di fronte a una strada chiusa se ne apriranno altre di migliori. Insomma, come recita il vecchio adagio: “si chiude una porta, si apre un portone”. Questa personale pietra miliare mi permette di superare l’atteggiamento vittimista e assumere quello costruttivo: rimboccarmi le maniche, scoprire se ci sono altre vie per raggiungere l’ obiettivo e, qualora non ci fossero, trovare nuovi stimoli e direzioni che la vita mi offre.
E poi, scopri sempre che la vita è in grado di sorprenderci. Nel mio caso, anche se non ho vinto quel dottorato, sono stato chiamato a insegnare all’Università, proprio in quel corso di laurea in Psicologia che sognavo.
👉 Esercizi e suggerimenti
Durata: 15-20 minuti.
Frequenza: una o più volte.
Obiettivo: trovare la personale pietra miliare a cui aggrapparsi per affrontare una delusione.
Azione: mettiti in una posizione comoda, disteso sul letto, sul divano o seduto su di una poltrona. Fai un bel respiro e chiudi gli occhi. Lascia che la tua mente navighi nel tuo passato alla ricerca di esperienze di “fallimento”. Esplora le delusioni d’amore, le occasioni perdute, gli esami non passati, i colloqui di lavoro andati a male e tutto quello su cui la tua mente porta l’attenzione. Per ognuna di esse visualizza le conseguenze che hanno prodotto nel medio e lungo termine. Com’è cambiata la tua vita? Quando trovi un’esperienza che ha cambiato la tua vita in meglio aprendoti nuove vie del tutto inaspettate che non avresti mai percorso se non l’avessi vissuta, trasformala nella tua personale pietra miliare. Ne puoi creare quante ne vuoi.
Al termine della visualizzazione, annotale sul tuo diario. Ti serviranno la prossima volta che ti troverai di fronte a una delusione.