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# 028 | Il primo assioma per stare bene con gli altri

# 028 | Il primo assioma per stare bene con gli altri 1Mio padre era un tipo burbero; quando discutevi con lui, se il tuo pensiero dissentiva dal suo, alzava la voce, diventava giudicante, non ascoltava le tue ragioni e ci metteva un attimo a dire che non capivi un bel niente. Durante l’adolescenza mi scontravo con lui, la pensavo diversamente, ma per quanto tentassi di dire la mia, di fronte alla sua ottusità giudicante, mi bloccavo. Mi saliva una rabbia che si bloccava in gola e che mi inumidiva gli occhi, e l’ultima cosa che avrei voluto era di farmi vedere piangere. Così uscivo dalla stanza, mi rifugiavo in camera dove davo libero sfogo alle mie lacrime di frustrazione.


Con il passare del tempo iniziai a pensare che fosse impossibile comunicare con lui. Evitavo a priori qualsiasi discussione, tanto mio padre non era in grado di comunicare con me: non era aperto, era poco empatico, voleva solo aver ragione lui, in più mi giudicava negativamente, sempre. Con grande rammarico mi ero convinto che non ci fosse speranza; il nostro rapporto era destinato a raffreddarsi sempre di più e inevitabilmente ad allontanarci.


Poi una sera, dopo tempo (facevo già l’università), durante la cena si accese una discussione calorosa. Non ricordo l’argomento, ma ricordo bene la sensazione di frustrazione che crebbe in me quando mi ritrovai di nuovo con quel groppo alla gola e quelle lacrime che mi impedivano di difendermi, contrattaccare e dire la mia. Come da copione, uscì dalla stanza e mi rifugiai in camera. Questa volta però non piansi, lasciai sfogare la rabbia, imprecai contro mio padre. A quel punto mi assalì una tristezza infinita. Volevo un bene dell’anima a quell’uomo burbero, nutrivo una stima enorme e avevo bisogno di lui, della sua guida, del suo sostegno anche se ormai ero grande. Non volevo rassegnarmi all’idea di non riuscire a comunicare con lui. Sulla scia di queste emozioni decisi di parlargli.

Scesi in cucina. Era solo che guardava la tv. Mi sedetti al tavolo in silenzio con un mattone sullo stomaco che mi impediva di parlare.

– Cosa guardi?
– Un film, – rispose serafico.

Mi misi a guardarlo, non ricordo che film fosse. Ricordo solo che ripetevo tra me e me cosa volevo dirgli e che non ci riuscivo.

Alla fine del film mio padre spense la tv, si alzò e si avvio verso la porta. – Vado a dormire, – disse.
Io rimasi impalato al mio posto. – ‘Notte, – risposi.

Era già nel corridoio quando lo richiamai.  – Cosa c’è? – chiese riaffacciandosi alla porta.

Presi fiato e gli dissi che volevo parlargli. Lo pregai di sedersi e che, per una volta, di ascoltarmi senza interrompermi.

 – Papà, – continuai. – Io non riesco a parlare con te. Ogni volta che ci provo, ogni volta che discutiamo, mi prende male, mi viene da piangere e mi blocco. Sento che tu non mi ascolti, che sei arroccato nella tua posizione, che ti preoccupi solo di aver ragione. Questa cosa mi dispiace da morire.

Mio padre, rimase in silenzio qualche secondo.

– Anch’io non riesco a parlare con te, – rispose. – Non sai quante volte ci ho provato. Appena ti chiedevo qualcosa rispondevi a monosillabi, quando ti degnavi di farlo. Se ti raccontavo qualcosa, sbuffavi.

Cominciò a elencarmi una serie di episodi in cui ai suoi tentativi di aprire la comunicazione lo liquidavo in men che non si dica. Me ne resi conto solo allora di quanto fossi stato io il primo a bloccare il nostro dialogo, a essere chiuso, a non ascoltare, a manifestare disinteresse. Ascoltavo mio padre e non potevo che dargli ragione.

Parlammo a lungo di noi quella notte, con l’umiltà reciproca di ammettere i nostri errori. Lo sentii vicino, sentii quanto ci tenesse a me, quanto mi volesse bene.

Non che da allora il nostro rapporto si trasformò in rose e fiori. Eravamo diversi e abbiamo continuato a scontrarci, a indispettirci reciprocamente per l’atteggiamento dell’altro. Ma profondamente qualcosa era cambiato; c’era più rispetto e stima reciproca.

Si poteva finalmente parlare, senza piangere.

 

👉 Esercizi e suggerimenti

Durata: 15 minuti.
Frequenza: al bisogno.
Obiettivo: migliorare la comunicazione con gli altri.
Azione:  quando ti accorgi che la comunicazione con una persona a cui tieni non fluisce serenamente, prima di attribuirle tutte le responsabilità, metti in discussione il tuo modo di comunicare con lei. Analizza come le parli, in che modo lo fai, il tuo atteggiamento, come ti comporti, quanto la ascolti mettendoti nei suoi panni.
Successivamente chiedile qualche minuto per parlarle e comunicale le tue difficoltà in modo sereno e aperto senza giudicare. Piuttosto che dirle “Tu mi fai arrabbiare”, parlale di te, di cosa provi e cosa il suo comportamento ti provoca. Ecco un esempio: “Quando parlo con te ho la sensazione di essere giudicato. Questa cosa mi dispiace molto perché vorrei sentirmi libero di esprimere quello che penso senza dover soppesare ogni singola parola. So che anch’io probabilmente ho una parte di responsabilità quando litighiamo, sarei contento di sapere cosa ne pensi e in cosa posso migliorare”.
Utilizza il tuo stile, partendo da un atteggiamento in cui se tu il primo a metterti in discussione. Ascolta quello che ti viene detto e poi cercate una soluzione insieme.


🎧 Ipnosi

A volte affrontare una persona che amiamo per confrontarci ci può far paura, temiamo la sua reazione e magari inconsciamente di perdere il suo amore. Per trovare il coraggio possiamo attingere ai nostri valori, a ciò che è davvero importante per noi. In myipnosi trovi la traccia ipnotica:

  • La vera forza 🎧. Si tratta di un’ipnosi finalizzata a chiarire i principi e i valori che guidano la tua vita e le tue scelte e su cui si fonda la tua forza, unicità e autostima.

Puoi trovare la traccia nelle sezione Migliora l’autostima dell’app myipnosi.

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L’induzione è la fase di accompagnamento in uno stato ipnotico che, attraverso una combinazione di suggestioni, ti guida gradualmente in uno stato di rilassamento profondo che rende la mente più ricettiva. 

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